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POLSI(RC)-MONS. FRANCESCO OLIVA PRONUNCIA L’OMELIA

La liturgia di questa domenica ci pone davanti Gesù che torna al suo paese Nazareth. “Molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data?». Ed era per loro motivo di scandalo”. I compaesani di Gesù soffrono di un grave pregiudizio che condiziona il loro porsi di fronte a Lui: esso è dovuto alla conoscenza e familiarità che avevano con Lui. Il pregiudizio è un giudizio previo col quale ci si pone di fronte alle cose senza averne una conoscenza personale. Esso conduce ad una falsa rappresentazione della realtà. Il pregiudizio è un modo errato di relazionarsi con gli altri. Senza conoscere, si danno etichette, si catalogano le persone secondo schemi artefatti e miopi. Quasi sempre poi la realtà fa venire fuori la verità, smantella le bugie, gli inganni che si erano formati con il pregiudizio.

Penso a chi viene qui a Polsi per la prima volta. O va a San Luca. O viene nella Locride. Quanti pregiudizi nella sua mente, sulla base di una conoscenza per sentito dire. Venendo qui si pensa di incontrare il male fattosi persona, una comunità di malfattori. Pensa di incontrare bambini col tatuaggio dello scorpione. Qui ci sono bambini normali, intelligenti. Senza alcun tatuaggio. Ci sono ragazzi che amano la vita, che magari desiderano realizzarsi nello sport e superare il complesso di abitare una terra maltrattata e dimenticata. L’unica pecca potrebbe essere arrendersi alla logica di un destino di miseria, di disoccupazione e di disperazione. I ragazzi di San Luca – come tutti i ragazzi di questa terra – sono creature innocenti amate da Dio. A nessuno è lecito offenderne la dignità o strumentalizzarli per altri obiettivi. Qui non ci sono bambini appartenenti alla criminalità. Né i bambini sono responsabili delle malefatte dei genitori. Purtroppo sono sempre loro a pagare le ingiustizie e le malefatte prodotte altrui. E’ esigenza di civiltà tutelarli da ogni fenomeno delinquenziale, offrire loro opportunità di crescita e formazione, spazi di socializzazione e di amicizia. Come chiesa non si tancheremo di lavorare nella loro formazione umana e cristiana.

In questa terra purtroppo c’è tanto male ma ci sono anche tante risorse di bene. C’è chi s’è piegato alla seduzione della ‘ndrangheta e della criminalità, ma c’è anche chi vive onestamente del suo lavoro e di tanta povertà. Questo Santuario della Madonna della Montagna è una porta aperta, attraverso la quale entrano tutti: non c’è da pagare alcun biglietto d’ingresso né si chiede la carta d’identità a chi desidera entrare. Questo santuario è come una rete da pesca che raccoglie pesci buoni e pesci cattivi. Desidero ribadire la mia ferma condanna verso chi in questo santuario è venuto nonostante conservasse in cuore propositi di male senza che alcuna intenzione di fede e di preghiera. Questi l’hanno profanato ed hanno contribuito a creare un’immagine distorta della religiosità mariana e del nostro santuario. Hanno fatto credere che si potesse essere nello stesso tempo devoti di Maria e operatori di morte. Essi non meritano sconti di pena! Per il male fatto a questa terra, vera periferia dell’Italia e non solo, la condanna nei loro confronti è senza appello, definitiva. E’ condanna del male in tutte le sue manifestazioni. Non c’è conciliabilità tra la fede cristiana e ‘ndrangheta. Quanto vorrei che il nostro santuario non venisse più associato ad essa! Quanto vorrei che la cinematografia mettesse da parte questo luogo comune e non lo associasse – per rispetto alla buona fede di chi crede - a fenomeni criminali come la ‘ndrangheta! La ricerca dell’audience deve cedere il passo alla dignità di questo luogo sacro. Come Chiesa faremo di tutto perché esso sia sempre e solo spazio aperto a chi prega ed ha il suo cuore rivolto a Maria. E’ questa la vera ecologia da custodire in questo luogo. Il crimine deturpa l’ambiente ed è il vero fattore che inquina la nostra terra creando un sottosviluppo mortale. Non è né vero né giusto etichettare l’Aspromonte solo come luogo di criminalità!

Desidero invitare i pellegrini e i devoti della Madonna della Montagna a venire qui per fare rifornimento di grazia, a venire qui per convertire il proprio cuore e la propria vita. Il nostro Santuario è per tutti un’area di preghiera, un’oasi di riconciliazione e di pace, di perdono e di vera conversione.

Ho parlato di pregiudizio. Lo stesso pregiudizio che hanno avuto verso Gesù i suoi compaesani. Conoscendo personalmente Lui e la sua famiglia, gli abitanti di Nazareth non pensavano che potesse venire da Dio, essere profeta in parole ed opere. Non potevano aspettarsi cose grandi da uno come loro. Non riuscivano a credere in un Dio a portata di mano, in un Dio della porta accanto. Questo li scandalizzava. Lo aspettavano dal cielo e lui veniva da un’umile famiglia. Era questa la loro incredulità e mancanza di fede: non riuscire a credere in un Dio col volto di un uomo, per giunta di uno qualsiasi, quello di un falegname. La gente di Nazareth non accettava il mistero di Dio presente in una persona comune come loro: il figlio di Maria... CIO’ CHE LI SCANDALIZZAVA ERA LA NORMALITA’ DI GESU’! Era questa “normalità” che non si riuscivano a capire. Un Dio “normale” che manifesta la sua bellezza attraverso la nostra umanità, l’umanità redenta dal sangue di Cristo versato sulla croce. Era la “normalità” di chi dona la vita per i fratelli, della mamma che versa il sangue per i figli, del papà che sopporta anche le umiliazioni in terra straniera per portare il pane in casa, del missionario e del sacerdote che consacrano la vita per annunciare il Vangelo, di chi si spende per gli altri, di chi vive ogni giorno la novità del vangelo, di chi perdona il proprio nemico. Era questa la normalità che i Nazaretani non riuscivano ad accettare. La normalità di un Dio che sceglie la nostra umanità per rivelarsi. Un Dio che non entra nel nostro mondo con azioni portentose, ma con discrezione e umiltà. L’umiltà di chi indica la via del servizio, dell’amore e del perdono come via di salvezza, espressione di vera umanità.